domenica 27 gennaio 2008

Nessuna retorica

Per questa settimana ho fatto il pieno di amarezze. Ho letto i post dei miei amici virtuali: molti parlano del Giorno della Memoria, e le intenzioni di tutti sono buone e giuste. Ma questa eccedenza di commemorazione, questa retorica del "non dimentichiamo" mi ha impaurito, mi ha angosciato. Tra le tante parole che si sono spese, nel cuore oggi mi sono rimasti impigliati Roberto (che si è limitato, in modo eloquente, a mettere nel suo blog la straziante colonna sonora del film Schindler's list) e Marina, che ha ricordato la Shoah attraverso le parole di Primo Levi. Nient'altro, ed è sufficiente.

La foto che ho scelto per questo post l'ho scattata io qualche anno fa, in Polonia. Stavo scrivendo la mia tesi di laurea sulla memoria della Shoah, e decisi di andare in Polonia per visitare i luoghi dello sterminio. Rimasi là tre settimane, assieme ad un amico polacco, vagando in macchina da nord a sud e poi di nuovo nord, tra montagne e pianure, campi di concentramento e meravigliose città, e momenti di cuore chiuso e altri di leggera felicità. Risate, fotografie, bicchieri di troppo e intense discussioni. Maciek era un animo instancabile, e vorace e luminoso, così profondamente innamorato della sua terra da volerla visitare tutta ancora una volta, sfogliandola come un libro, percorrendola e sottolineandola, accarezzandola infinitamente come un corpo di donna amato, scoprendola ad ogni chilometro diversa e bella - sotto i nostri occhi. Ho imparato ad innamorarmene anche io, con lui: delle sue ricchezze e delle sue miserie, di Varsavia la Brutta (coi suoi palazzi ancora oggi violati dalle mitragliate della guerra, il suo cuore trapiantato dopo lo sventramento, il comunismo che ha cementato d'asfalto anche il cielo) e Danzica la Splendida, che se davanti a un polacco chiamate Gdansk "Danzica" quello vi guarderà feroce rifiutando il nome che i tedeschi le diedero.
Io e lui abbiamo fotografato tutto: dal mar Baltico ai monti Tatra, dalle cittadine rurali alla Madonna Nera. Niente è sfuggito alla nostra fame di catalogazione, alla nostra ansia di non dimenticare un centesimo di quella terra: lui che dorme con la testa appoggiata sul tavolino di un McDonald's a Lublino, io che cammino sulla spiaggia di Sopot cercando di non affondare nella sabbia fine e profonda.
Ma quando siamo entrati per la prima volta nel lager di Majdanek, improvvisamente, ecco, le nostre mani si sono fermate, e l'occhio - attraverso l'obiettivo - non è riuscito a fotografare più nulla. Ci abbiamo provato: abbiamo camminato a lungo, fino a sera fino al tramonto, tra le baracche maleodoranti e affollate di resti, con la macchina fotografica in mano, pronta.
Ma inutile. E vuota, come un utero infecondo.
Certe cose non possono essere fotografate, esibite, catalogate. Possono essere vissute e ricordate, e rispettate. Spesso soprattutto nel silenzio.
V

8 commenti:

marina ha detto...

Ciao Valentina, ti ringrazio, ma non solo per la citazione. Ti ringrazio per questa pagina così bella e sincera. Per il racconto di questo tuo viaggio così particolare.
E per quella foto così discreta.
Hai fatto una tesi di laurea davvero impegnativa, penso, non solo come lavoro, ma anche da un punto di vista emotivo. Complimenti
ti abbraccio marina

Roberto ha detto...

Grazie a Te che con il tuo racconto ci hai descritto quei luoghi da Te visitati,hai perfettamente ragione quando dici che certe cose non si possono fotografare ti rimangono dentro e basta.
Un abbraccio anche da parte mia
Roberto

My funny Valentine ha detto...

Marina, quella tesi mi ha risucchiato per 3 anni in un vortice dal quale ho faticato ad uscire... Emotivamente mi ha provato, è vero, ma mi ha anche dato molto più di quanto potessi immaginare.
V

francesca ha detto...

ciao valentina, volevo dirti che ho letto e risposto al tuo commento e che sono d'accordo con te...nel mio post ho voluto evidenziare l'esistenza di "altri olocausti" per sottolineare che la sofferenza è una, la persecuzione una, al di là del suo colore...probabilmente non è emerso, ma il tuo commento mi ha dato la possibilità di chiarire.
grazie :) e buona serata, spero che tornerai ancora a visitarmi

My funny Valentine ha detto...

@ Francesca: sono molto contenta non solo che tu sia passata da me, ma che non te la sia presa per la "critica" alle foto... Quando si entra in casa di estranei per la prima volta, bisogna stare attenti e calibrare bene le parole, e non sempre è facile, specie quando l'argomento "prende" molto.
Certo che passerò a trovarti, sarà un piacere!
:-)
V

enzorasi ha detto...

Ci sono molte shoah, di alcune non sapremo mai nulla, di altre sapremo qualcosa in ritardo. Come vivi la schizofrenia tra l'abisso di male e di bene del genere umano? Io credo che tu, come me, non ti basti intellettualmente e questo è il motivo principale per cui le commemorazioni ti stanno strette. Troppo. La foto che hai scelto per il post m'è parsa perfetta: mi ha placato. Una forma accennata e una muraglia verde da attraversare per scoprire al di là di essa una verità diversa. Ribadisco, tu sei pericolosissima e mi sorprendo, a volte, della intrigante facilità con la quale ti leggo e ti commento.

My funny Valentine ha detto...

@ Enzo: che non mi basto è verissimo (così come credo che nessuno dovrebbe bastarsi, altrimenti è la sazietà - e la sazietà ottunde). Che l'intelletto mi stia stretto, anche - e infatti ho appena scritto un mini-post insofferente su quanto poco facciano l'intelletto e se stessi.
Sul fatto che sono "pericolosissima", come dici, tu... è strano, ma me lo stanno dicendo in molti ultimamente. "Strano" perché a me ogni volta viene da ridere... Per dire: alla sera, quando non riesco ad addormentarmi, mi metto il dvd di Cenerentola!
;-)
V

Daniele ha detto...

Mi spiace che non avendo ancora internet a casa i tuoi post li leggo velocemente nelle pause di lavoro… Meriterebbero più attenzione e tempo.. Anche questa è una bella testimonianza…