venerdì 4 gennaio 2008

Coi pensieri sparsi sulla pelle di Marlon

Tornata da Budapest molte cose sono successe, e molte emozioni e anche rotture, agitazioni, malinconia. Sono tornata in qualche modo diversa, e mi sento eruttare di vita che non sboccia. Anche le parole - mio limite! - lasciano l'amaro in bocca, e i libri i film d'autore e la musica. Non è sterilità: sottopelle striscia una sensazione di fuoco non incanalato, pronto a sudar via dai pori, dalle narici, dalle dita dei piedi. Ma non prende la giusta direzione - non ancora - non fuoriesce: sta, scava tunnel sotterranei, erode.
Ho letto un post divertente, oggi. Mi sono immedesimata, e in qualche modo quella piccola storia mi rispecchia: con più brio, con una vena di ironia mica male. Mi ci sono vista, e ci è scappata anche una risata a mezza bocca. Mi è sembrata una situazione in cui avrei potuto trovarmi da un momento all'altro, se si eccettua il fatto che non ho ascensori da prendere e che 16 anni sarebbero troppo pochi, quasi la metà dei miei. Lo troverei talmente irresistibile, talmente letterariamente immorale da non avere - forse - il coraggio di incatenarmi al letto per non rischiare di finire nel suo...
Quando siamo arrivate a Budapest - prima che le incomprensioni, il non detto e la fatalità ponessero fine a questa decennale amicizia, e dopo un pomeriggio trascorso a camminare in Vaci utca bevendo hot wine per scaldarci - dissi a Mara: "Mi sto innamorando di tutto", e non intendevo solo la città, il clima, i monumenti o l'aria di festa. Intendevo proprio l'infatuazione fisica, i volti, i capelli di un passante, gli occhi azzurri di qualche sconosciuto, l'altezza di un uomo e i denti di un altro. Un'infatuazione panteistica, ma non per questo ideale. Mi innamora anche una foto, un riflesso opalescente sulla pelle, il filo rauco e sensuale di una voce. Mi ha innamorato decollare da Budapest di notte, lo sguardo fisso sulle luci brunite della città, il rullo dei motori e la brutalità di impennarsi su nel cielo a muso duro. Le luci dell'aereo spente, la mia solitudine, i pensieri sparsi a fior di pelle.
E' stato per molti aspetti un viaggio impagabile.
Guardando Ultimo tango a Parigi, ho finalmente raccolto i miei pensieri sparsi. Per dargli ordine non basterebbe un sedicenne in ascensore (per quanto l'idea mi diverta) - ed è per questo che continuo a preferire scrivere di eros piuttosto che viverlo. Solo sulla pelle di Marlon troverei la cornice perfetta dei miei caotici desideri imprigionati. La setosa, piena pelle di Marlon, quella bellezza che non ha bisogno di parole, lo sguardo che inchioda, e tutta la notte non basterebbe a dirne la meraviglia se una notte mi fosse concessa.
Se una notte mi fosse concessa la spenderei a sentire sotto i polpastrelli delle mie dita, e con il dorso della mano, tutta la sontuosità matura di quella pelle, ad occhi chiusi, come un lungo, silenzioso decollo, solo pelle calda che respira appena sotto le mie mani, e nient'altro, se non un respiro talvolta più forte o socchiudere un istante gli occhi su quel sogno in bianco e nero, e richiuderli con forza, e con forza passare ancora le mani sulla pelle fino a sentirle bruciare, bruciare la carta frusciante di quel corpo su cui ho scritto per una notte, una intera notte, tutto il mio lacerante desiderio.
V

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