sabato 5 gennaio 2008

Da Oscar

Nella mia fantasia, siamo andati spesso da Oscar a bere un Martini Dry e fumare al caldo nel locale. Tra la fermata di Moszkva tér e i Bastioni, a metà di una salita ardua, la sera del secondo giorno Oscar ci ha sfamato con una zuppa di potatoes and parma ham ed un piatto di beef tapas, e un Martini Dry d'accompagnamento. Era il locale a pretendere il Martini Dry: scuro, legnoso, lucido di specchi e bottiglie. Non avrei potuto bere altro.
Pagavo in fiorini, e più ne spendevo più ne accumulavo di taglio sempre più piccolo, avevo il borsellino gonfio di banconote senza valore che mi servivano a pagare un accendino nuovo ("Red, please"), un biglietto del metro, una tazza di cioccolata. Persino a lasciare stupide mance da pochi cents. Il cameriere di Oscar era un tipo allampanato e molto compunto, come disse Massimino commentando: "Un cameriere che fa il cameriere", più realista del re stesso insomma, con tanto di grembiale lindo sulle cosce e gilet nero d'ordinanza.
Mentre bevevo il mio Martini Dry aspettando le tapas, e la conversazione scivolava pacata e piacevole come su un tavolo da biliardo, avevo ricevuto un messaggio dalla Mara - moribonda per la febbre nella nostra camera a Raday utca. Lo lessi ad alta voce, diceva: Quando torni portami un bicchiere di latte caldo, grazie. Massimino si era messo a sogghignare chiosando: "E tu, quando torni, vedi di mandarla a cagare". Avevamo riso tutti, ma senza cattiveria. La battuta di Massimino rivelava molto del suo modo di essere (della sua allergia a legami, imposizioni, ordini, doveri) più che sottolineare l'autoritario tono di Mara, e smorzato - ma solo per posticcia convenienza - da quel "grazie" finale, appendice disarticolata e fredda. Io comunque le avevo risposto che stavo cenando e che al rientro, speravo nel giro di un'ora o due, le avrei portato il latte. Mi spiaceva sinceramente per lei, ma ero lontana da Raday utca, ero affamata, infreddolita e stanca.
Manuel si era messo a fare fotografie geometriche usando i bicchieri, la tovaglietta di carta e il posacenere mentre io fumavo, Massimino si guardava intorno con espressione indaffarata (metti gli occhiali, leva gli occhiali - forse addirittura meglio con) e Amedeo, con la sua aria quieta ma felina, scardinava l'apparenza delle cose con annotazioni sarcastiche e fulminanti. A modo nostro, stavamo tutti prendendo appunti.
Nella mia fantasia, siamo tornati da Oscar altre volte, ogni sera, ed io ho provato le varianti locali di Martini Dry, Martini Cocktail e Vodka Martini, trovando decisamente migliore il Martini Cocktail. In un certo senso sono rimasta da Oscar, perché Oscar era il mio locale: scuro, e legnoso e brillante, un locale in cui volentieri mi sarei fatta una nicchia, e avrei aspettato ore a bere e fumare che l'Ungheria mi venisse incontro attraverso la sua lingua, la sua gente, i suoi modi di vestire e far casino e prendersi piombe e ridere, muovendo il corpo chissà come al ritmo della musica.
Chiedete di me a Oscar: sono la ragazza vestita di nero seduta all'angolo della poltroncina in pelle, e sorrido con una mano davanti alle labbra e l'altra a tenere un bicchiere. Sono io, e sono serena.
V

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