mercoledì 5 dicembre 2007

L'usabilità e l'anima delle cose

Parlando di usabilità si intende il grado di facilità e di soddisfazione con cui si compie l'interazione tra l'uomo e l'oggetto. Nel blog Bottom-up designers, si mostra ad esempio la scarsa usabilità di un pelapatate, e c'è qualcosa di fascinoso in tutto questo. Ed è l'idea che, delle centinaia di volte che mi sono data della stupida per non aver saputo fare benzina alle pompe automatiche, o per aver distrutto una confezione invece di aprirla, o non aver capito nulla dei labirintici cartelli di un ospedale o di un museo, non ero io ad essere stupida - ma loro (cartelli, confezioni e distributori) ad essere user-unfriendly. In un certo senso... In un certo senso è così.
Eppure c'è qualcosa di umano troppo umano nel modo in cui le cose interagiscono con noi. Per dire: io sono convinta di essere realmente stupida quando mi arrovello un quarto d'ora buono per fare benzina; le guance, ogni volta, mi vanno letteralmente a fuoco. Dalla vergogna. Mi vergogno degli oggetti. Mi vergogno di non capirli. Mi vergogno di non essere abbastanza abile per loro. In fondo, gli oggetti immagino siano come le scope animate dell'Apprendista Stregone: un Topolino volenteroso e solerte, ma soverchiato dalle cose attorno a lui, animate di vita, circondate di mistero, e che vivono - letteralmente: vivono.
Conosco persone che hanno una straordinaria familiarità con il mondo degli oggetti. E' una forma di empatia, la loro, di intimità e di agio nel trattare l'altro da sé come se fosse un'estensione del corpo, una comoda propaggine. Merleau-Ponty disse qualcosa di molto poetico (ma anche di molto concettuale) quando affermò che l'uomo tiene a cerchio attorno a sé tutte le cose; in questo modo le cose diventano un prolungamento dell'uomo, si fanno della sua carne, sono intessute della sua stoffa.
Ma io, per accettare quella carne, ho bisogno quotidianamente del mio farmaco anti-rigetto, e quella stoffa mi fa allergia. Le cose sono cose - e lo dico come si disse Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus -, e a volte m'incantano altre m'incatenano. Ma è proprio in questo "incatenarmi" che le cose cessano di essere mere cose, e diventano qualcos'altro: il nemico (quando mi ostacolano o mi fanno avvampare di vergogna), il compagno (quando mi indirizzano verso un piacere) o una scoperta (quando riescono ad essere belle). E allora non sono più cose. Sono la strada dell'anima, la finestra sul mondo che apre all'anima ciò che non è anima.
Chi ha familiarità con le cose, le tratta, appunto, da cose. Esse sono il dato, l'essere scontato che è funzionale all'uomo. Ma chi si fa guardare dalle cose, incastrare incantare incatenare da esse, va oltre la loro semplice presenza, la loro scontata funzionalità, la loro immediata praticità. Proietta l'anima fuori da sé, e abbraccia, emana, comprende. E sono convinta che se le cose non avessero una loro intrinseca problematicità di fondo, non fossero difficili, irrazionali e spesso irritanti, non le guarderemmo nemmeno, non le scaglieremmo per terra in un eccesso di rabbia, non le rivestiremmo di significati, e non diventerebbero per noi quasi animate...
V

3 commenti:

Anonimo ha detto...

No... ti vergogni di essere vista e giudicata incapace di usare le cose; se fossi sicura di non essere vista, ti arrabbieresti e basta ;) e, probabilmente, le useresti meglio...
E' sempre la nostra mente a far casino, mai le cose :D

My funny Valentine ha detto...

Può essere... Ma sei così contrario all'idea delle "cose animate"? E' troppo balzana?? Mah, a me suggestiona. Perché attribuirmi la responsabilità dei miei impedimenti quando posso dotare - animisticamente - le cose di poteri magici sovrarazionali?
Freud insegna, e certi oggetti sono per me le mie cose-totem... Incomprensibili e sacre...
V

Anonimo ha detto...

Mah... tempo fa' lessi che l'elettronica è influenzata dal nostro stato d'animo, e cio' spiegherebbe perché - più spesso del solito - quando sei nervoso o incavolato, il PC (ad esempio) si pianta :D A me succede con una frequenza molto sospetta! ;)
Pero'... sempre di influenza della nostra mente si tratta, più che di vita propria degli oggetti :)