Hetty Hillesum era una giovane donna luminosa. Così la ricordano alcuni sopravvissuti che hanno condiviso con lei i giorni di prigionia a Westerbork prima di essere destinati ad Auschwitz. Era luminosa, intelligente, forte e passionale - anche nelle sue umanissime fragilità di donna, di ebrea e di individuo in itinere. E' stata una pensatrice di abissale profondità ed elevata spiritualità, capace di osservare l'individuo nei suoi più oscuri anfratti interiori ma senza mai perdere quella luminosità che la contraddistingueva. Eppure, Etty Hillesum non è diventata nota come Anne Frank o Primo Levi. Perché?
All'inizio pensavo fosse perché Etty Hillesum è effettivamente una lettura complessa: ricerca psicologica e misticismo, istanze etiche e visioni straordinariamente moderne, ne fanno un percorso arduo, in certi tratti. Poi, parlando una notte con degli amici (attorno ad un bel tavolo tondo di legno chiaro), abbiamo capito il vero motivo di questo ostinato mezzo oblio: lei non è rassicurante, lei ci sbatte in faccia una verità che non vogliamo ascoltare, lei ci dice: "Il marciume che c'è negli altri c'è anche in noi [...] E' l'unica lezione di questa guerra: dobbiamo cercare in noi stessi, non altrove". Noi siamo Hitler, noi siamo i vicini di Erba - non il nostro dirimpettaio, non un'epoca storica lontana da qui ora.
Eppure (ma in questo 'eppure' non c'è niente di consolotario) dobbiamo conoscere e saper riconoscere in noi stessi questo marciume per poterlo strappare via, perché non si può "migliorare qualcosa nel mondo esterno senza aver prima fatto la nostra parte dentro di noi".
Questa donna scelse di essere deportata ad Auschwitz con la propria famiglia, rifiutando i numerosi progetti di fuga che le erano stati offerti. Decise, senza illusioni o false speranze, che quello sarebbe stato il suo destino, "essere divorata dai pidocchi in Polonia". Lo scelse, e non era infelice, né tantomeno pazza o sognatrice. Non era una martire. Questa donna, chiusa su un treno merci che l'avrebbe rapidamente portata alla morte, lanciò da quel treno una cartolina che fu in seguito ritrovata da alcuni contadini. Su di essa, Etty aveva impresso il suo testamento e la sua testimonianza: "Abbiamo lasciato il campo cantando".
Ho aperto a casaccio la Bibbia ma stamattina non dava risposta. Non importa molto, del resto, non c'erano vere domande da fare, c'è solo una gran fiducia e riconoscenza che la vita sia tanto bella, e perciò questo è un momento storico: non perché tra poco io devo andare con S. alla Gestapo, ma perché trovo ugualmente bella la vita.
Probabilmente è da lì che mi viene questa serenità, questa pace interiore: dalla coscienza di sapermela cavare da sola ogni volta, dalla constatazione che il mio cuore non si inaridisce per l'amarezza, che i momenti di più profonda tristezza e persino di disperazione mi lasciano tracce positive [...] Partirò sempre dal principio di aiutare Dio il più possibile e se questo mi riuscirà, bene, allora vuol dire che saprò esserci anche per gli altri.
La maggior parte degli occidentali non capisce l'arte del dolore, e così vive ossessionata da mille paure. E la vita che vive la gente adesso non è più una vera vita, fatta com'è di paura, rassegnazione, amarezza, odio, disperazione. [...] Si deve accettare la morte, anche quella più atroce, come parte della vita. Io sono quotidianamente in Polonia, sono accanto agli affamati, ai maltrattati e ai moribondi, ogni giorno - ma sono anche vicina al gelsomino e a quel pezzo di cielo dietro la mia finestra, in una vita c'è posto per tutto. Per una fede in Dio e per una misera fine.
Etty Hillesum, Diario
V
12 commenti:
Devo reperire il suo diario, allora... Mi pare qualcosa di asolutamente interessante!
dalla tua intestazione... "Loro saranno per me la via, il ricordo, l'immagine e la direzione"...
è farina del tuo sacco? Perchè mi sembrano proprio uguali alla canzone Linea d'ombra di Jovanotti... Parole forse riprese proprio dal libro, a cui la canzone ra ispirata...
@ Daniele: Jovanotti non è tra i miei 'preferiti' e non ho idea di quale sia la canzone che citi...
V
Cara Valentina, non vorrei mai che ti fossi offesa. Non volevo in alcun modo dire che avevi “copiato” parole di un altro.. volevo solo farti sapere che leggendo l’intestazione ed arrivando a quel punto automaticamente in testa mi è partita quella canzone (che comunque ti consiglio di ascoltare) che si conclude penso, ma vado a memoria, proprio con quelle parole.
Quanto al tuo prezioso post, ti ringrazio per avermi fatto conoscere qualcosa di nuovo. In effetti la persona che citi non ha avuto una conoscenza globale come Levi o Anne Frank ed un comune cittadino come me non la conosceva.
Il passaggio in cui riporti “Noi siamo Hitler, noi siamo i vicini di Erba” mi fa ripensare anche a quello che avevo scritto pochi giorni fa su Matrix e su cui, sinceramente, mi sarebbe piaciuto conoscere la tua opinione. Ma d’altronde non mi leggi più… :-)
Ciò detto, come mio ritorno al commento oggi ho un po’ esagerato… Torno in letargo augurandoti però un buon fine settimana..
Ciao ciao Val.
D
Dani, non mi sono offesa e non hai esagerato nel 'ritorno'... Mi ascolterò quella canzone, come consigli, e commenterò, ove posso e so, ai tuoi post. Non voglio che ti senti 'abbandonato' da me, perché non lo sei... Buon weekend anche a te!
Bacio
V
"Potrà sembrare strano, ma proprio il rendere normale tutto ciò che è sgradevole, riusciva a far breccia nel lato oscuro che vive sopito in fondo a certa umanità. Vedere, proprio come attraverso uno specchio, ciò che si tenta di soffocare, e vederlo ritratto come una cosa qualunque, è una forma di liberazione per la melma che si annida nel cuore putrido del mondo.
E’ questo uno dei modi attraverso il quale si riproducono gli scarafaggi… fecondare, col proprio seme infetto, gli ovuli di marciume che riposano tranquilli nelle viscere melmose".
TI regalo questo passaggio da un "lavoro" che prima o poi mi deiderò a finire!
Mi è sembrato abbastanza pertinente.
Saluti D
Probabilmente, al di la del semplice fato, la maggiore popolarità di Anne Frank rispetto alla Hillesum risiede nel bisogno primario di tramandare la memoria e la testimonianza di un evento di tale portata.
E' vero che il marciume che c'è negli altri c'è in noi, tuttavia è un ragionamento che si puo' affrontare solo a mente fredda.
Non si puo' pensare che a pochi anni di distanza dall'olocausto un tema simile possa diventare prioritario rispetto alla certezza della memoria...
e forse è giusto così..
Ciao Val è un po che non passo a trovarti e Tu hai scritto tanto,mi riserverò per sera di leggerti e per poi ritornare.
Passa un bel fine settimana
Roberto
il suo diario è una delle letture più accoranti e consolanti e disperanti insieme che mi sia stato dato di leggere. Etty è un' amica, una madre e una giovane sorella. è vero che il suo nome non è universalmente noto, io ho sempre pensato che fosse perché nessuno ha potuto affiliarla ad una scuola, ad una congrega. Etty era semplicemente se stessa.
marina
@ Diego: grazie per aver condiviso con me una parte del tuo lavoro (e, mi raccomando: dacci dentro e finiscilo!)
V
Non avevo mai sentito parlare o letto di questa donna, ma condivido in pieno quando scrive che il il marciume degli altri lo siamo anche noi. Ma la gente se lo dimentica sempre purtroppo.
@ Ebalsemin: dimentichiamo sempre e sistematicamente quello che non ci piace o che non vogliamo sentire... purtroppo.
V
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