giovedì 6 marzo 2008

Sulla famiglia, e mia madre

Copia di cortesia di EPolis Milano, giornaletto che viene distribuito gratuitamente per le strade della città: in prima pagina si legge il titolo "Spedizioni razziste in città, sprangate contro i filippini". Autori di quest'atto di violenza: quattro ventenni (arrestati) e dodici minorenni (denunciati), tutti italiani. Un carabiniere ha commentato: "Fatto più unico che raro [...], non si registravano da tempo aggressioni con matrice razzista". E, come a contraddire l'ottimistico carabiniere, si legge in un trafiletto della stessa pagina: "Molotov al campo rom: due molotov contro il campo nomadi di via Idro sono state lanciate martedì sera".
Leggo queste notizie, e nella testa ho una gran confusione: ragazzetti che a scuola picchiano i compagni disabili, e mettono in Rete il filmato girato col cellulare; bambine di 12 anni che si fanno palpare, o fanno sesso, in cambio di qualche spicciolo per una ricarica sul telefonino; oscuri studenti universitari che - il vuoto negli occhi - massacrano giovani donne, fidanzate o amiche, lasciandole cadaveri in pozze di sangue.
Nella mia confusione c'è il senso di qualcosa di troppo grande da affrontare - ma non da capire. Le famiglie, la famiglia: ecco qual è il problema, e qual è la soluzione.
Ho un'amica. E' una bella donna torinese di 49 anni, bionda e fine. La conobbi quattro anni fa quando, scesa in Riviera, si innamorò, ricambiata, di un mio amico molto più giovane di lei. Hanno avuto una lunga storia e travagliata, i cui strascichi si protraggono ancora ora: più nessun sentimento da parte di lui, forse, ma in compenso molto sesso durante i weekend. Lei ha una bella figlia appena maggiorenne, e io ho sempre provato per questa ragazzina una pena enorme. 
Penso a mia madre, augusta donna di famiglia vecchio stampo, sorridente ma temibile nella sua severità di quand'ero adolescente. E riconosco quanto la sua severità abbia preservato la mia adolescenza, quanto l'abbia saputa indirizzare e rendere sana. Litigavo con lei, strepitavo, battevo i piedi (che sono sempre stata ribelle), ma la rispettavo perché si faceva rispettare dalle bizze ormonali e caratteriali di una bimba appena cresciuta. I suoi 'no' erano no inflessibili, e allora correvo da mio padre, che mitigava la forza di quei 'no' ma non li contrastava, e io passavo la notte a piangere sul cuscino, a morderlo anche, a guardare con occhi sbarrati le luci dei lampioni che filtravano dalle persiane pensando con ardente furore al mondo, là fuori.
Ho avuto una madre come un grembo fertile su cui seminare la mia identità e veder crescere i frutti. Una madre che quando rispondevo male mi tirava una sberla sulle labbra, e quella fede d'oro giallo bruciava quanto l'orgoglio ferito. Oggi, scherzando, le dico talvolta: "Avresti dovuto tirarmene di più" perché il vezzo della battuta caustica e sferzante non l'ho mai perduto. Ma ho imparato a gestirlo, a indirizzarlo.
E mi chiedo: dove si sono perse le madri di quei ragazzi violenti, inconsistenti e sbandati - oggi? In quale letto, su quale scrivania ingombra di carte, in quale ansia insoddisfazione o specchio deformante? Di quale abbaglio sono vittime, di quale paura schiave e su quale sentiero vagano tentando di ritrovare la strada? Il loro smarrimento è la nostra condanna.
V

23 commenti:

baluginando... ha detto...

Brava Valentine, cogli il nucleo della situazione.
Anch'io, di fronte ad atti aberranti, ho sempre pensato dove fossero le madri, o dove fossero state. E' il pensiero che mi colpisce sempre e che si materializza immediatamente, non appena un episodio qualsiasi sconfina nella maleducazione, nella cattiveria, nella violenza.
Forse perché anch'io come te, ho avuto una madre in cui ho potuto specchiarmi, che è stata la saggezza, la fermezza, e insieme la comprensione e la simpatia.
Il nostro punto di riferimento, il nostro punto di partenza.
Un abbraccio.

Anna ha detto...

Non sono assolutamente d'accordo.
Sei troppo severa in questa tua valutazione. Ho avuto ed ho ancora, grazie a Manitù, una mamma inflessibile, severa ed ingombrante. Sono fuggita da lei all'età di 19 anni, abbracciando tutto ciò, giusto o sbagliato che fosse, purchè fosse l'opposto di quello in cui lei credeva.Perchè io ero una ribelle vera, di quelle che se ne vanno.
Mi sono formata la donna di oggi grazie alle mie scelte, che ho pagato tutte sulla mia pelle. No,non ho assolutamente bei ricordi di quando venivo tritata e calpestata e dei "zitta tu, si fa così e così".
Mia cara, porti l'esempio della mamma della fanciulla appena maggiorenne che si concede le gioie dell'amore clandestino. Ora io non so che tipo di mamma sia, ma sono certa che si può essere buone mamme anche cedendo alle proprie passioni o debolezze.
Quante volte,da fanciulla, ho desiderato parole che indicassero proprio passione e debolezza, tipiche di ogni essere umano, piuttosto che dogmi inderogabili. Ai figli va dato amore, e comprensione ,e vanno indicate vie da seguire, senza imposizione.Non schiaffi sulla bocca, come a dire, fai una parola , o tante,in meno.E soprattutto mai riporre aspettative su di loro. Sono parole di una mamma mancata,ma di una figlia che ha sofferto e, poi, si è liberata.
Se poi vogliamo parlare della famosa crisi di valori, o princìpi che siano, allora il parallelo con le mamme che lavorano,o "libertine", non regge. Quello va cercato nella vita che corre non sappiamo dove, verso miti inconsistenti e scelte superficiali. Ma questo è un altro discorso.

Anonimo ha detto...

Anche questo, uno dei tuoi post più sentiti, più intensi....
Prima o poi, avrò modo di fermarmi a riflettere sui tuoi pensieri, che sento molto vicini...
Ancora un po' di corse, ancora poche. Ed ora, prendo il treno per la tua Milano e mi allontano dalla capitale per qualche giorno. Nessun motivo di piacere, ovviamente. Ma come t'ho gia detto, se ti incontro per strada, son sicuro che ti riconoscerò ;-)
Buon week end

My funny Valentine ha detto...

Mi è piaciuto leggere d'un fiato le due diverse visioni: quella di Balù e quella di Anna. Diverse, quasi opposte.
Capisco il discorso di Anna, e lo seguo lineare fino alla fine. Ma è proprio sull'ultima frase che io e lei la vediamo in maniera antitetica: la cosiddetta 'crisi' dei valori - nella mia opinione - non va cercata nella vita che corre, ma in una mancanza di direzione. E la direzione, almeno nella prima parte della nostra vita, ce la dà la famiglia: i loro gesti, non le parole i discorsi o il ceffone. La famiglia quanto è unita, e come si comporta e quali ideali la muovono. Per me in una donna di quasi 50 anni che lascia la figlia a Torino dai nonni per trascorrere tutta l'estate ed ogni weekend tra le braccia di un ragazzo... be', mi spiace, io non vedo nessun valore, nessuna direzione, nessun modello 'sano' che possa indicare ad un'adolescente quindicenne uno straccio di ideale.

Sono contenta che Anna abbia condiviso con me la sua esperienza, e contenta che ci sia un dibattito così vivo attorno ad argomenti così importanti.
Grazie a tutti.

V

My funny Valentine ha detto...

@ Don: allora ti auguro buon soggiorno milanese. A questo giro non mi potrai riconoscere, perché domani me ne torno in Liguria...
;-)
A presto
V

Anonimo ha detto...

Cara Valentina, questa volta devo darti torto e sottoscrivere il commento di Anna. Anch'io ho avuto e ho una mamma come la tua, in più, la mia augusta genitrice, oltre a non sopportare che io le rispondessi (perché rispondere è dissentire), dei miei silenzi non sopportava neanche "l'aria di sfida".
E poi, come mamma ti chiedo: perché la colpa deve essere fallocentricamente sempre e comunque delle madri, che magari come me lavorano e hanno la scrivania traboccante di carte? E i padri?
Infine credo che, inseguendo un ideale irraggiungibile e astratto di perfezione, ignorando le fragilità e le debolezze che rendono meravigliosa la condizione umana, si rischia soltanto di diventare nevrotici.

Un abbraccio

Anonimo ha detto...

Ahi ahi ahi, Anna ci bacchetta, e porta un ulteriore punto di vista alla conversazione. E' vero, si può essere ottime mamme con le proprie passioni e le proprie debolezze ma questo da parte mia, non era assolutamente contestato. Il nodo cruciale è, a mio modestissimo avviso, avere una mamma che c'è, e che attraverso lo slalom nelle proprie vulnerabilità, c'è, anzi, proprio per queste, C'E'.
Un abbraccio ad entrambe.

My funny Valentine ha detto...

Il dibattito s'infiamma! :-)
Concordo con Baluginando, e rispondo con le sue stesse parole. In quello che lei ha detto c'è il fulcro di ciò che penso.
V

Anna ha detto...

Ahahaahahahahhh,io e Balù siamo amiche, ma assolutamente diverse, opposte direi.Ma stiamo bene insieme.
Comunque io non mi riferivo al caso specifico, non conoscendolo, ma dicevo solamente che le madri sono donne, come le figlie. E le madri che fanno quello che fa la tua amica sono sempre esistite, credimi.La letteratura ce ne dà un ampio stralcio. Prima c'era solamente più ipocrisia.Si tendeva a nascondere ed a mostrare solamente la facciata di sepolcri imbiancati.

Anna ha detto...

Leggo solo ora gli ultimi interventi: io dico che se c'è e fa danni è peggio. E lo dico con cognizione di causa. Quanti danni si sono fatti per il troppo amore e l'eccessiva possessività? E quanti per egoismo? Quanti per voler proiettare sui figli le proprie aspettative o,peggio ancora, per volerli vedere come trofeo da ostentare? E tutto questo anche garantendo una presenza costante.
Vabbè, mi fermo qui.

Balù, non ridere sotto i baffi :-)

My funny Valentine ha detto...

Anna, hai ragione sul fatto che prima ci fosse più ipocrisia. E che non è detto che 'si stava meglio quando si stava peggio'. Tuttavia l'apparente facilità con cui oggi si esibiscono tresche, derive sessuali, ambiguità e lassismi mi preoccupa... Non sono bacchettona, ma forse un po' sì, in questo periodo. Me ne rendo conto, e chiedo scusa, che non è un atteggiamento piacevole. Sarà come dice Marina, che mi manca il fuoco di una passione potente...
:-)
V

marina ha detto...

Eccomi, chiamata appaio! Arrivo troppo tardi, però, avete già detto tutto voi!
Io mi sento molto in sintonia con Anna.
C'è un'etica del sacrificio femminile dietro le tue parole. L'idea che tu dica a tua madre di aver ricevuto pochi schiaffi sulla bocca, solo perché hai la battuta tagliente, confesso mi disturba un po'.
Io sto con la donna di quasi 50 anni che lascia la figlia adolescente dai nonni nel weekend. Avrà un padre 'sta fanciulla? E poi, durante la settimana con chi sta?
Se la madre si prende il weekend magari ne ha bisogno per reggere durante la settimana.
Una madre è prima una donna e poi una madre e se non è una donna completa non è neanche una buona madre secondo me. Meno vive più è arida e più è arida più è severa. Le madri infelici sono capaci di grandi gelosie ed invidie nei confronti delle figlie.
sarebbe molto lungo, era solo per mettere bocca pure io ;-)
ciao marina

My funny Valentine ha detto...

Ho riflettuto parecchio sulle posizioni di Anna e Marina, e benché argomentate bene non mi hanno del tutto persuaso. Credo che il fulcro della discussione sia stato toccato da Marina: se una madre è innanzi tutto donna o madre. Marina (e Anna, direi) pensano che siano innanzi tutto donne.
Ecco, io non sono ancora madre, quindi parlo in termini astratti e sono aperta al fatto che la mia opinione potrà cambiare col tempo, ma al momento ritengo che una donna, quando ha un figlio, diventi e sia innanzi tutto madre.
Grazie a tutti per gli interessanti spunti di riflessione che avete lasciato a questo post.
V

silvio ha detto...

Bel dilemma! Seguire i propri pruriti scegliendo di passare il weekend col giovanotto bello ed aitante (lasciando la figlia a casa)o rinunciare alla passione per rimanere con la figlia?
Parlando di madri, la mia mi dice sempre "due paradisi non si possono avere".
Secondo me dipende da quanto amore ci metti. L'amore ti porta sempre ad un bivio, ad una scelta. Cosa fare? Quale strada seguire?
Io voto la madre che rimane con i figli. Come si faceva una volta, e come in tante fanno anche adesso.
Purchè lo faccia con amore, con convinzione, senza passare il tempo che sta con la figlia a sognare di stare con l'amante.

Bel post, veramente.Completato da commenti profondi e costruttivi.
Valentine, quando ti va,quando te la senti, parlaci anche di tuo padre. Un abbraccio

My funny Valentine ha detto...

Silvio, lo farò. Prima o poi parlerò anche di mio padre.
Condivido appieno la tesi che hai sostenuto nel tuo commento.
Un abbraccio
V

marina ha detto...

Mi sembra che vediate la faccenda in modo un po' manicheo: da una parte la mamma che sta sempre con la figlia, dall'altra la mamma che l'abbandona sempre. La vita di una madre non è così. Una madre(imperfetta come tutte le madri) SA quando può prendere spazio per sé e quando deve restare accanto a sua figlia.
L'affermazione che una donna, quando ha avuto un figlio diventi e sia innanzitutto madre, contiene secondo me della verità e della menzogna.
Della verità perché la sua intera esistenza viene modificata per sempre da quell'evento ed una menzogna perché continuerà SEMPRE a sentirsi donna. Ricordo che io spiegai a me stessa quello che sentivo con una frase che ancora me lo spiega perfettamente: un secondo fronte si era aperto fra me e la vita, che avrebbe potuto attaccarmi anche da quello.C'era un'altra me stessa. Un figlio è un altro te stesso, ma non è il tuo SOLO te stesso.
Non è proprio facile da spiegare, ma è invece MOLTO facile da spiegare l'uso che la società patriarcale ha sempre fatto e ancora fa, anche presso le giovani generazioni, di questo rapporto particolarissimo tra due esseri umani.
Mi è molto piaciuto discutere di questo tema con tutti voi
ciao marina

Roberto ha detto...

Sai ogni tanto me lo chiedo anche io, i genitori di certi adolescenti dove sono quando i loro figli fanno di tutto per attirare la loro attenzione.Penso che si sia perso il senso d'amore verso quei figli che ne dovrebbero avere per far si che capiscano il senso della vita,e anche vero che molti ragazzi passano le giornate soli perchè i genitori lavorano e si sa che a quell'età tutto può essere.
Io mi ritengo fortunato ho ricevuto solo amore dai miei genitori.
Un caro saluto
Roberto

Anna ha detto...

Ho onorato il meme dei segreti, sigh......

Artemisia ha detto...

Arrivo qui su suggerimento di Marina. Molto interessante questo tema che, tra l'altro sento particolarmente vicino, essendo madre oltre che figlia.
Se può servire accenno solo alla mia esperienza personale.
Come figlia ho vissuto qualcosa di simile a quello che Valentine descrive ma da parte di mio padre, cioè era lui severo e oppressivo e mia madre era accondiscendente. Questo mi ha fatto soffrire non poco. Soprattuto però volevo dire che di fronte agli episodi citati oltre a chiederci: "dove erano le madri?" dovremmo chiederci anche dove erano i padri!
Come madre ho infinite paure di sbagliare e non ho ricette. Posso solo dire a Valentine (ed alle ragazze che ancora non lo sono) che l'idea teorica della maternità che abbiamo nella testa prima di fare figli è destinata ad essere fortemente rivisitata dopo.
Ciao e scusa per l'intromissione,

guccia ha detto...

Sono completamente d'accordo. Non esistono generazioni sbagliate. Manca la scuola e mancano i genitori, assorbiti dall'ufficio e dalla palestra.
Anch'io sono scappata a 18 anni, ma ringrazio infinitamente mia madre per la sua severità che mi ha spinto a costruire la donna che sono oggi, prima negli scontri e oggi, ormai, nel ritrovato incontro.

My funny Valentine ha detto...

@ Artemisia: non ti devi affatto scusare! Anzi, grazie per la tua testimonianza, e sono sicura che quello che dici è esatto: parlare 'in astratto' può essere un esercizio utile, ma solo l'esperienza di diventare madre mi chiarirà le idee...
Un abbraccio.

@ Guccia: la severità serve proprio a questo, a costruire una propria identità autonoma e robusta. Un bacio, cara.

V

Dyo ha detto...

Ciao, capito qui più o meno per caso. Ho letto e sgranato gli occhi. Perchè se avessero tirato a me delle sberle sulla bocca avrei dato fuoco alla casa. Oppure non sarei tornata mai più. Ho avuto un padre molto severo, buono ma severo, e una madre dolce ma sostanzialmente ininfluente. Un esempio da imitare a metà. Ho odiato il collegio, le proibizioni e i no immotivati, perchè allora non è che si potesse discutere democraticamente. Mi ci è voluta quasi una vita, e tre anni di analisi, per metabolizzare quei no senza ragione, e per riconciliarmi con due figure importanti ma difficili. Ho un figlio adolescente e sono sola. Sto facendo del mio meglio, ma la legge del contappasso per antitesi mi vieta categoricamente la severità eccessiva. Se qualcuno provasse pena per lui ci rimarrei malissimo.

My funny Valentine ha detto...

Cara Dyo, il fatto che tu avresti dato fuoco alla casa per una sberla, be', in tutta sincerità mi sembra un po' eccessivo. Chiaramente, ognuno reagisce secondo il proprio temperamento e in coscienza. I 'no', per quella che è stata la mia esperienza, sono dolorosi ma formano, quindi per me sono stati indispensabili.
Poi, sai, ciò che ho scritto in questo post è davvero un atomo di quella che è stata la mia infanzia e il mio vissuto - decisamente molto più complicati di quello che ho detto.
Ti abbraccio e ti ringrazio per essere passata e aver lasciato la tua esperienza.
V